Polifemo
Pacifico
Esco di notte mentre gli altri dormono,
come rispondessi a un richiamo
I piedi nudi, una maglietta stinta e mi allontano
fino ai margini della città,
dove cominciano i prati
e i fili dell'elettricità agitati
Come lo zucchero, come una medicina
si scioglie nell'aria la nebbia,
si alza polvere di cipria
Seguo il varco, la fenditura,
un piccolo fiume
che ingrossa e sconfina
In fondo a una scorciatoia coperta di sabbia e rami
si piega una vecchia casa
Ha la faccia rugosa,
la porta è un ghigno,
alle finestre due denti neri
Si libera un pigolio nel segno di una sedia a dondolo
e una lampada roca e tenue sborda e arrossa i muri
Fuori un albero, polmone avvizzito sfoglia sotto colpi di tosse nera,
sotto questa bufera
Saltare, vedere da sopra cortili e palazzi accesi,
il traffico gonfio e lento
Scavare
scegliere vie sotterranee,
mettere in fuga animali
Io ci vedo poco, da un occhio soltanto
e tutto mi viene incontro sfuocato e non ha suono
Ma so che a guardare le stelle
è come se si fermasse il tempo
Giunga lassù il mio sospiro,
il mio abbandono
Saltare, vedere da sopra cortili e palazzi accesi,
il traffico gonfio e lento
Scavare
correre per vie sotterranee,
mettere in fuga animali
Io ci vedo poco, da un occhio solamente
Tutto è morbido e ovattato
e non si sente niente
Ma so che perdersi a contar le stelle
è come se non esistesse il tempo
Giunga lassù il mio debole respiro
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